Due parole

zora_1Erano i “giornaletti zozzi” che trovavate dal barbiere o in caserma, aborriti da intellettuali e genitori. Il loro target era un pubblico di bocca buona, in cerca di sangue e sesso a buon mercato. Tuttavia il fumetto popolare di oggi si può solo sognare la libertà e la creatività consentita ai loro sceneggiatori: intellettuali poliedrici come il compianto Giuseppe Pederiali o geniacci anarcoidi e vulcanici come Carmelo Gozzo, gente che è stata per le nuvole parlanti quello che i vari Fulci, Massaccesi, Castellari e Deodato furono per il cinema.

Venivano considerati spazzatura, e spesso lo erano davvero, eppure tra i loro disegnatori c’erano alcuni dei più grandi pennelli della storia del fumetto italiano, da Magnus a Leone Frollo, da Stelio Fenzo a Giovanni Romanini, e decine di giovani promesse che vent’anni dopo sarebbero diventate colonne della Bonelli e della Disney. E non lo sarebbero mai diventate senza essersi prima fatte le ossa con le varie “hostess” e “dottoresse”. Per non parlare delle splendide copertine, veri e propri dipinti realizzati da artisti del calibro di Averardo Ciriello, Emanuele Taglietti, Enzo Sciotti e Alessandro Biffignandi, per citarne solo pochi.

Secondo le categorie politiche di allora, erano albi “sessualfascisti”. Invece erano letti da tante donne, soprattutto negli anni ’70, prima dell’avvento del porno. Lettrici che si potevano identificare in protagoniste forti e indipendenti, che vivevano la loro sessualità con libertà e spregiudicatezza, come le loro sorelle maggiori si identificarono in Satanik. Perché in Italia l’emancipazione femminile l’hanno fatta anche Jacula e Zora. Senza dimenticare che, quando Renzo Barbieri inventò un personaggio come Gary, la spalla omosessuale di Sukia, i gay erano ancora considerati “malati” da buona parte dei medici e degli psicologi.

E, soprattutto, sono stati un fenomeno unico al mondo, che non ha avuto nessun equivalente al di fuori dell’Italia e che, proprio per questo, in mezzo mondo fu esportato: dall’Europa all’America Latina. La genialità creativa italiana, che è (o fu?) la nostra qualità principale, passa anche per queste strade. Ciononostante sono un colossale rimosso culturale, tanto che su internet, a parte qualche articolo estemporaneo, è quasi impossibile reperire informazioni su testate che all’epoca tiravano centinaia di migliaia di copie. Il bello di occuparsi di tascabili erotici è proprio questo: è una storia ancora tutta da scrivere, una sfida per chi è abituato a vivere in tempi nei quali tutto lo scibile umano sarebbe, sulla carta, disponibile in rete. Sorpresa, non è così, esistono ancora zone buie. Perché l’exploitation cinematografica italiana viene rivalutata e analizzata in maniera critica ormai da anni, quella a fumetti no. Quindi ci provo io.

Contatti: zorasukiaulula@gmail.com

Una risposta a Due parole

  1. SAM ha detto:

    Mah, non so se li leggevano davvero le donne, o se erano gay che si spacciavano per tali per poter parlare senza remore . O ancora, se fossero lettere inventate in redazione per cancellare la fama di fumetti “porco – maschilisti”

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